LA DANZA CLASSICA INDIANA HA DEI LIMITI DI ETA'

Come sempre amiamo pubblicare le riflessioni che ci vengono sottoposte dai nostri lettori, italiani o indiani stessi. Nel caso specifico pubblichiamo questa lettera che ci è pervenuta da una nostra iscritta originaria di Calcutta e residente in Italia del nord da moltissimi anni. Quello che troviamo significativo - e che ci ha spinto a condividerla - è come evidenzi un tratto caratteristico della nostra società occidentale: l'assenza di limiti, inclusi, come chiarisce bene, quelli istituzionali. Attraverso l'occhio meravigliato dell'osservatore esterno, osserva il diffondersi in Italia della danza classica indiana in Italia e ne trae ironiche - e per noi amare - riflessioni sul nostro avvicinare le culture altre senza ponderazione e consapevolezza...
Satyaprakash

Quando ero bambina a Calcutta mio nonno mi portava a lezione di danza Kathak. Ero in una classe di tutti bambini di cui, mi meravigliavo, ero la più anziana: avevo 8 anni e i miei compagni di classe ne avevano 6 in media, se non di meno. Per questo motivo, mi diceva il Guru, dovevo applicarmi di più "per recuperare il tempo perso" poiché si riteneva che il corpo dovesse essere già predisposto entro l'età dello sviluppo, in modo da non subire troppo le ripercussioni dei cambiamenti dell'età adolescenziale. Venuta in Italia ho trovato molta affinità tra questa impostazione pedagogica e quello delle scuole professionali di danza classica occidentale. Ovvero, per il rispetto della dignità dell'Arte (nonché della propria), si deve iniziare giovani e dedicargli gli sforzi di una vita. Negli anni seguenti a Calcutta,  e fin quando non ho cominciato l'Università, ho danzato molto in eventi in tutta l'India accompagnando la mia Guru. Successivamente, ormai avviata verso una vita di familiare, ho deciso di interrompere lo studio della danza, che ormai non trovava più posto nella mia vita: essa è andata via come ci si toglie un vestito vecchio, che aveva avuto la sua funzione ma che ormai non serviva più. Venuta in Italia ho voluto iscrivere la mia più giovane figlia ad un corso di danza classica indiana, di qualsiasi stile, ed è lì che sono cominciate le mie riflessioni, poiché negli anni, cambiando più volte città, ho avuto modo di riflettere sul come questa danza si è diffusa in Italia. La cosa che mi ha più colpito è che quest'arte classica dell'India, la cui difficoltà è pari al suonare il violino o diventare professionista di balletto in occidente, qui in Italia si è diffusa senza una vera consapevolezza del rispetto dei limiti di quest'arte e delle sue modalità di proposizione. Mi spiego meglio: in Italia non ci si iscriverebbe mai, passati i 25 anni, all'Accademia Nazionale di Danza (cosa che peraltro è interdetta). Inoltre, la stessa scuola del Teatro dell'Opera di Roma pone un limite a 22 anni e della Scala di Milano si seguono le annualità della scuola superiore (quindi con un limite a 19 anni). Perché queste raccomandazioni, con qualche dovuto adattamento, non devono valere anche per  i corsi istituzionali di danza classica indiana? Sembra così che non si tratti di una disciplina classica, che può essere iniziata da tutti a qualsiasi età, ma non è così se si vogliono raggiungere dei livelli dignitosi. In Italia un adulto non si iscriverebbe mai ad una classe di balletto pretendendo di danzare una parte nel Lago dei Cigni. L'adulto occidentale che avvicina il balletto sa di aver di fronte il rispetto della propria dignità e il non cadere nel senso del ridicolo. Eppure questa cosa non accade nei corsi di danza classica indiana che io e mia figlia abbiamo visitato: il problema non è la frequenza da parte degli adulti occidentali (che mi rende orgogliosa della mia cultura) ma il fatto che spesso l'adulto italiano (che in media ha di gran lunga superato l'età da danza classica) ritenga che con la danza classica indiana non ci siano limiti di età e che anche a 50-60 anni (ebbene sì, è questo che vedo) ci si possa tranquillamente esibire dopo qualche annetto di studio, senza alcun riguardo per la salvaguardia dello standard esecutivo, del rispetto dell'Arte e, soprattutto, della propria dignità di fronte ad pubblico competente. Non mi riferisco ovviamente all'adulto italiano che studia danza accademica in modo costante e sistematico fin da bambino, il che lo rende simile, se non addirittura più preparato, di un indiano. Mi riferisco  agli adulti che pensano, con frequenze sporadiche e occasionali di qualcosa nel loro passato di poter avvicinare un'arte così complessa in tarda età e senza senza consapevolezza dei limiti. Nel corso degli anni ormai non mi meraviglio più di vedere questa mancanza di consapevolezza se lo stesso Conservatorio, che si vanta di essere l'unico corso di conservatorio di danza classica indiana in Europa, non pone limiti di età ragionevoli come fanno le Accademie e le Scuole di balletto, ma basa tutto su un esame di ammissione. Ho trovato questo molto discriminatorio rispetto ai limiti posti agli studenti di balletto, come se la danza classica dell'India fosse una disciplina "senza limiti", che si può fare a qualsiasi età. Se non esistono limiti d'età nel Conservatorio, figuriamoci nei corsi privati. Desidero sottolineare solo due argomenti che mi sono generalmente opposti dalle studentesse italiane. Il primo è che in India danzatori molto anziani si esibiscono ancora sino in tarda età. A questa obiezione generalmente rispondo che si tratta di Guru, che in media iniziano l'apprendimento da giovanissimi e che, anche in tarda età, mantengono quel rasa che, unito alla competenza tecnica di una vita, mantiene dignitosa l'esibizione anche in tarda età. La seconda obiezione è che queste signore amano tanto la danza indiana e che, pur avvicinandola in tarda età, desiderano esibirsi "per la spiritualità insita in questa danza". Di fronte a questa obiezione, pur ringraziandoli tanto della loro devozione alla mia cultura, gli rammento la responsabilità che abbiamo nelle nostre azioni (visto che si parla di spiritualità). In India ci si esibisce in media dinanzi ad un pubblico abbastanza competente e smaliziato (vista anche la grande diffusione dei video di danza). Qui in Italia no, e quindi la responsabilità di veicolare l'Arte ad livello almeno dignitoso ricade totalmente sull'artista italiano che, a mio avviso, dovrebbe chiedersi se a 50-60 anni può ancora mantenere un'immagine dignitosa di una espressione artistica che non appartiene alla sua cultura. Farebbe lo stesso con il balletto? Si esibirebbe a quell'età in un brano di danza classica occidentale? Questo bisognerebbe chiedersi. Purtroppo in queste manifestazioni ho difficoltà a vedere una "spiritualità" quanto invece, a mio avviso, uno spirito di appropriazione e un compiacersi in un immaginario esotico..Altra obiezione che mi viene spesso fatta è che in India i maestri accolgono tutti e fanno danzare tutti. Questa cosa è indubbiamente vera: se da un lato ci sono interessi economici nell'accogliere tutti è anche ragionevole pensare che un indiano più che adulto ben sa dove fermarsi. I limiti sono interiori, come l'adulto italiano che avvicini le classi di balletto
Detto ciò ringrazio di cuore le giovani italiane appassionate che ho visto negli anni recarsi in India a studiare con grande fatica e sacrificio; ogni volta questa cosa mi riempe di orgoglio e gratitudine per il mio essere indiana. 
Ringrazio altresì la mia carissima amica italiana Teresa per avermi aiutata a scrivere questa lettera, che non vuole essere una polemica ma solo uno stimolo alla riflessione.
(lettera firmata)






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